Corsa lenta al vaccino anti Covid in Italia. Siamo in netto ritardo rispetto a molti altri Paesi con la somministrazione delle dosi. E non c’entrano le quantità perché tra il 30 dicembre e il primo gennaio sono arrivati, in più tranche, dalla Pfizer i 469.950 flaconi che ci spettavano. Altrettanti ne arriveranno ogni settimana, ma in Italia, la sera del 2 gennaio, le dosi somministrate sono ancora poco più di 52mila. Il precedente report parlava di 45.667 dosi iniettate. Siamo decisamente troppo lenti.
Complice forse il periodo festivo (ma è Natale anche altrove) quelle utilizzate sono circa il 10% delle dosi già pronte, cioè poco più di una su dieci. Insomma, dopo lo sprint del V-Day, l’Italia sembra prendersela incomprensibilmente comoda. Ma è vero? E perché? Dove sta l’ingorgo?
All’estero si prosegue a ritmo decisamente più elevato. Basti pensare a Israele, che ha già vaccinato l’11% della popolazione, un milione di persone in soli 13 giorni. Ma non è il solo caso: dall’Inghilterra alla Germania, passando per Polonia e Croazia, molti stanno facendo meglio dell’Italia, che finora ha coperto lo 0,08% dei cittadini.
Vaccini Covid, le dosi all’Italia
Del vaccino protagonista di questa prima fase italiana ed europea, quello di Pfizer-BioNTech, sono previste 27 milioni di dosi: 8,8 nel primo trimestre 2021, 8,1 nel secondo trimestre, 10,1 nel terzo.
Moderna, il cui ok dall’Ema è previsto per il 6 gennaio, porterà altre 10,8 milioni di dosi: 1,4 nel primo trimestre, 4,7 nel secondo e altrettante nel terzo.
Ai 38 milioni di vaccini certi di Pfizer e Moderna bisogna aggiungere quelli ulteriormente opzionati che l’Ue sta negoziando con le stesse due case farmaceutiche, e poi gli altri che arriveranno in approvazione. Per AstraZeneca opzionate 40 milioni di dosi.
Cosa dice il Piano di Vaccinazione
Siamo molto indietro rispetto alla tabella di marcia. Basta guardare il Piano strategico per la vaccinazione anti Covid, elaborato da Ministero della Salute, Commissario Straordinario per l’Emergenza, Istituto Superiore di Sanità, Agenas e Aifa.
Ipotizzando che i tempi T1, T2, T3 e T4 siano i prossimi 4 trimestri del 2021, la prima tranche di circa 10 milioni di dosi nel primo trimestre 2021(8,749 milioni di dosi Pfizer e 1.346.000 di dosi Moderna) dovrebbe servire a vaccinare le categorie individuate come prioritarie. Cioè a marzo circa 5 milioni di vaccinati.
Il piano vaccinale ne conta anzi di più: 6.416.372.
Un calcolo ancor più facile e a spanne lo fa la fondazione Einaudi: per vaccinare solo la metà degli italiani in 10 mesi occorrono circa 60 milioni di iniezioni (30X2 dosi), e quindi bisognerebbe “procedere alla media di 200.000 vaccinazioni al giorno”. Al momento andiamo al ritmo di scarse 15 mila.
Lombardia la più lenta
Guardando la mappa delle Regioni non può non balzare all’occhio il dato della Lombardia. Come è possibile che nella Regione epicentro della prima ondata di Covid, la capacità di somministrazione sia così ridotta? Alla Lombardia è arrivato anche il lotto più cospicuo di vaccini: 80.595 flaconi. Eppure ne sono state somministrate appena 2.416, pari al 3%.
Il confronto con le altre Regioni è disarmante. Si va dal 34% del Trentino, al 20% del Lazio, al 16% del Friuli, il 15% del Veneto. Se questo è dovuto al periodo di ferie o a una scarsa organizzazione regionale, lo sapremo solo poi.
Il responsabile per la campagna vaccinale lombarda Giacomo Lucchini, ha detto che la pianificazione in Lombardia era stata fatta sulla base delle consegne stimate dal 4 gennaio. (Ah!) “Per quelle arrivate in anticipo – ha detto – si sta cercando di anticipare appuntamenti già fissati. Ma contando che il personale sanitario si vaccina a fine turno, chi è di riposo non si sposta”.
Anche la struttura messa in campo dalla Lombardia non è proprio funzionale in questa fase. Per rispondere ai grandi numeri si è pensato di distribuire la campagna vaccinale su 65 hub, ma solo 34 ricevono direttamente da Pfizer le consegne.
Nel lungo periodo, sui grandi numeri, la strategia dovrebbe funzionare. In questa fase con numeri più ridotti, le Regioni che hanno concentrato i poli di vaccinazione riescono ad accorciare i tempi.
Italia ritardataria
Dai racconti di chi si occupa della campagna vaccinale sui territori, però, emerge anche altro. Innanzitutto ci sono problemi nel reclutamento del personale dedicato.
Il Piano vaccinale non aiuta in tal senso: parla di un numero flessibile di medici, infermieri, oss e personale amministrativo di supporto da reclutare. Si stima un fabbisogno massimo di circa ventimila persone.
Lo scorso 23 dicembre il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri aveva detto che circa 19.400 tra medici e altri sanitari si erano candidati per il reclutamento. “Speriamo di iniziare presto le selezioni”, ha detto. Ok ma quando?
In alcuni punti vaccinali il personale, anche alle prese con i tamponi, fa i doppi turni mentre in altri è stato necessario richiamare medici in pensione o ricorrere a volontari.
Un freno, raccontano dalle corsie, sarebbe anche il vincolo di esclusività che impedisce di prestare opera extramoenia. In diverse strutture di Lombardia e Marche non sarebbero neppure arrivate le siringhe di precisione e si è ricorso in alcuni casi alle scorte degli stessi ospedali.
C’è poi il fattore ferie del personale, motivo per cui in alcune strutture della Sardegna le vaccinazioni partiranno il 7 gennaio.
Insomma, tra ritardi e disorganizzazioni congenite, una fase di assestamento ci può anche stare. Ma una cosa sensata l’ha detta il viceministro Pierpaolo Sileri: “Griderò allo scandalo solo se il 6 gennaio non saranno state usate tutte le dosi della prima settimana”. Aspettiamo fiduciosi la Befana.
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